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NON E’ FORTE COLUI CHE CADE, MA COLUI CHE CADENDO SI RIALZA

Amani, è una ragazza di origine siriana ma che è sempre cresciuta in Italia, a Bassano. Il 24 agosto 2006, quando aveva solo 16 anni, con una scusa, è stata portata in Siria, dove avrebbe dovuto sposare un suo lontano cugino, di 24 anni più grande. Questa ragazza è rimasta nel paese 399 giorni, in cui è stata vittima di aggressioni da parte degli zii, per le sue ribellioni al volere della famiglia e quindi al matrimonio.

Partendo dall’Italia ha lasciato le sue abitudini, le sue amicizie e il suo primo amore ma soprattutto la sa libertà.

l’incontro con lei, ci ha fatto capire che gli ideali italiani non sono corrisposti da alcuni paesi del mondo, dove le donne sono considerate inferiori agli uomini.

Secondo noi, alcune persone dovrebbero avere una mentalità più aperta da questo punto di vista, permettendo di avere gli stessi diritti sia agli esseri maschili che a quelli femminili.

In questo incontro ci siamo immedesimati in Amani, immaginando come avremo potuto reagire se ci fossimo trovati nella sua stessa situazione. Abbiamo mentalmente rinunciato alle nostre abitudini per servire senza fiatare una famiglia sconosciuta in un paese totalmente differente dall’Italia; con abitudini, lingua, religione e cultura incompatibili con il nostro stile di vita; questo ci ha fatto riflettere sulle atrocità che Amani ha dovuto subire per più di un anno e siamo giunti alla conclusione che le libertà di cui godiamo sono privilegi che nessuno ha il diritto di toglierci . Come ha detto – Non ci si rende conto della propria libertà fino a quando non la si perde.-

Durante l’incontro gli alunni delle classi terze hanno posto le loro domande alla giovane scrittrice:

– Com’è finita la tua storia con Andrea? (Marta Veronese, 3C)                                                                                                   Dopo un anno e mezzo dal mio ritorno sono andata a vivere da Andrea. Ci amavamo molto ma lui aveva paura che i miei parenti tornassero a prendermi e mi allontanassero nuovamente lui. Per questo mi confinava in casa togliendomi la libertà che avevo faticosamente riconquistato.

– Com’era il rapporto con tua madre? (Giacomo Comerio, 3D)                                                                                                             Prima che mi portasse in Siria era un rapporto abbastanza normale, non c’era molta confidenza. Non mi ricordo una sola volta in cui le ho detto “Ti voglio bene” come lei non l’ha mai detto a me. Dopo il mio ritorno invece non volevo più saperne della mia famiglia, ne quella in Italia ne quella in Siria, e loro non mi hanno mai cercata e non si sono mai scusati per tutto quello che mi avevano fatto passare. Oggi ho perdonato mia madre soprattutto perché ho capito che aveva affrontato la stessa cosa, sposandosi a 14 anni con un marito che l’ha abbandonata, lasciandola ad occuparsi di sei figli completamente da sola.

– Hai mai pensato di tornare in Siria? (Blu Ballardin, 3D)                                                                                                                 Assolutamente sì! Non sono arrabbiata con la Siria ma con la mia famiglia. Un giorno tornerò lì e porterò mia figlia con me.

– Come hai conosciuto Massimo? (Silvia Bojoga, 3C)                                                                                                                                 Per ironia della sorte me lo ha presentato mia madre. Lavoravo in un bar e una signora che mi aveva cresciuto mi ospitava. Lui mi aiutò a cercare un nuovo impiego e passando molto tempo insieme ci innamorammo. Purtroppo non è finita bene neppure con lui ma tutt’ora abbiamo un ottimo rapporto.

– Qual è stato il tuo ultimo pensiero prima di tentare il suicidio? (Lucia Buson, 3E)

Ho provato rabbia. Tantissima rabbia contro le persone che mi avevano imposto quello stile di vita ottuso. Ho sempre pensato di essere stata una figlia modello: andavo bene a scuola, aiutavo in casa e mi ero anche trovata un lavoro per non pesare sulle spalle di mia madre, mentre lei mi ha pugnalata alle spalle. Dopo il tentativo mi sono chiesta “Ma se l’avessi fatta finita, chi avrebbe vinto?”. Così ho continuato a lottare.

 

 

-Tua madre ti ha mai chiesto scusa? (Prof.ssa Incalza)

No, mai. Sono convinta però che se ne sia pentita, anche non l’ha mai dimostrato.

 

-Come ti sentivi quando ti picchiavano? (Arianna Zocca, 3D)

All’inizio mi sembrava impossibile, assurdo! Non credevo che avessero il potere di farlo… non pensavo che fossero in grado di alzare le mani su di me.

 

-Chi dei tuoi parenti ti manca di più? (Eleonora Rossato, 3D)

Sicuramente zio Kamil. Lui mi ha aiutata a fuggire, lui è stato il mio angelo custode. Poi ero molto legata anche alle sorelle di mia madre e ai miei cuginetti, non mi dispiacerebbe rivederli. Purtroppo ora come ora non ho notizie di loro, spero solo che stiano bene nonostante la guerra. So soltanto che sono scappati, anche se per le donne di Al Karatz scappare è quasi impossibile.

 

-Hai intenzione di scrivere altri libri? (Elisa Bonollo, 3C)

Si, nel 2018 probabilmente uscirà il mio secondo libro.

 

-Qual è stata la prima cosa che hai fatto tornata in Italia? (Francesco Lagatolla, 3E)

Sembrerà strano, ma mi sono messa il rossetto e lo smalto rosso acceso. Era come dire che potevo finalmente conciarmi come volevo, a mio piacimento.

 

-Cosa possiamo fare noi ragazzi per ridurre la violenza sulle donne? (Gessica Belfiore, 3F)

Secondo me dovete continuare ad informarvi e rendere partecipi amici e conoscenti di quello che molte donne devono subire a causa della malsana mentalità di alcune persone che si considerano superiori.

 

Nicol 14 anni, Marianna 13 anni