a cura del prof. Angelo Lora
All’interno della Week4Us, gli insegnanti di sostegno hanno ideato e realizzato un’attività volta a tutte le classi, per sensibilizzare sul tema della disabilità. Come referente del Kairos, ho visto la possibilità di espandere l’attività che di solito si svolge a marzo, con un’ulteriore settimana dove noi insegnanti di sostegno ci saremmo messi in gioco per creare qualcosa di stimolante al fine di mettere in luce la persona diversamente abile. Abbiamo così realizzato dei diversi progetti a seconda delle classi da incontrare.
Per tutte le classi seconde, divise fra tre insegnanti in tre diverse aule, si è cercato di mettere in relazione due diverse esperienze di persone disabili: la prima è Simona Atzori, disabile dalla nascita, che è riuscita a realizzare i sogni della sua vita diventando una ballerina e una pittrice professionista. Sono stati letti dei capitoli e delle frasi significative dal suo libro autobiografico “Cosa ti manca per essere felice?” e mostrato agli alunni un video di presentazione del libro, di momenti di danza, alcuni suoi quadri e dei momenti particolari della sua vita quotidiana.
In un secondo momento si è parlato di Giusy Versace, diventata disabile, perdendo gli arti inferiori, in seguito ad un incidente stradale a ventotto anni. In un’intervista trasmessa alla TV, lei racconta la sua esperienza prima e dopo l’incidente e di come sia riuscita a reagire e ad affermarsi come atleta alle paraolimpiadi. Alla fine delle due testimonianze, si è discusso con i ragazzi sui diversi modi di reagire di fronte alla diversità e di come noi ci poniamo rispetto ad un disabile quando li incontriamo (senso di pietà o altro).
Per le classi terze, è stato proiettato il film “Un amore speciale” che parla di un amore tra due persone disabili. È un film d’impatto, proprio per il tema trattato: viene coinvolta la famiglia in questioni delicate e anomali proprio perché, a volte, si pensa che queste persone non siano in grado di avere una propria autonomia, di innamorarsi, di amare e poter fare una famiglia come noi “normali”. Alla fine del film, è stata consegnata una scheda con delle domande a cui, la maggior parte dei ragazzi, ha risposto in maniera sbrigativa senza importanti riflessioni personali. Il film durava più delle due ore che avevamo a disposizione, perciò siamo stati costretti a dover tagliare delle scene o, in un caso, a non farlo vedere interamente. Per questo motivo i ragazzi si sono giustificati nell’aver dato un giudizio riduttivo con poche riflessioni personali. Il film comunque è piaciuto e ha lasciato in tutti un pensiero positivo.
In un altro giorno, con le tutte le sei classi prime (circa 150 ragazzi!) siamo andati nella palestra della scuola dove abbiamo sperimentato delle attività del prezioso manuale Kairos! All’inizio abbiamo fatto dividere tutti i ragazzi in coppie. Uno dei due veniva bendato e il compagno, da dietro, doveva dare dei comandi solo toccando sulle spalle chi stava davanti a lui: al centro per andare dritto, sulla spalle destra o sinistra per girare e sopra la testa per fermarsi. Naturalmente chi guidava doveva stare attento che il compagno non si scontrasse con gli altri, e non si poteva parlare. Alla fine di un percorso si sarebbero scambiati le parti. La prima volta li abbiamo lasciati liberi di girare per la palestra, mentre, in un secondo momento, dovevano attraversare un percorso tra i birilli superando degli ostacoli. Essendo in tanti (forse troppi), si è creata un po’ di confusione e molti non rispettavano le regole date, ma, come prima esperienza, diciamo che si sono divertiti e l’eccitazione era data dalla difficoltà di comprendere i comandi non sempre chiari. La seconda attività era sempre in coppia e consisteva in una corsa “a tre gambe”, nel senso che le due gambe centrali, venivano legate costringendo la coppia a sincronizzare il passo: un gioco (pur sempre) di squadra, anche se numericamente piccola. Hanno visto che c’era bisogno di intesa per arrivare prima degli altri! La terza attività era sempre una corsa fatta con le braccia dentro la maglia: questo per far capire la difficoltà di correre avendo un impedimento fisico. L’ultima attività, infine, consisteva nella lettura labiale di una consegna data da noi insegnanti ognuno a due classi. L’azione da svolgere consisteva nel prendere un paio di occhiali che stavano sopra un tavolo, indossarli e ritornare al proprio posto: chi capiva le indicazioni, doveva eseguirle. Non è stato facile per la maggior parte degli allievi, ma dopo aver ripetuto più volte e molto lentamente le parole, molti si sono attivati. Gli occhiali (solo sei paia) erano naturalmente da vista e molto forti, così i ragazzi normovedenti, hanno fatto fatica a ritornare al loro posto. Questa attività è stata programmata appositamente per far capire loro l’importanza della vista. In conclusione possiamo dire che tutti si sono divertiti e siamo riusciti, anche attraverso dei giochi, a sensibilizzarli sulla disabilità nelle diverse forme.
In un’altra giornata, per le classi terze, due ore sono state dedicate alla “storia della disabilità” ossia capire, attraverso gli anni, chi sono stati i diversamente abili e come venivano considerati. Attraverso un powerpoint , una collega di sostegno ha illustrato delle slides e alla fine ha lasciato spazio a un dibattito con gli studenti.
Alle classi prime e seconde, in due momenti diversi, abbiamo mostrato loro alcuni video, sempre sulla disabilità. Sono stati selezionati tra molti che si possono trovare in rete perché, a nostro parere, più immediati e di effetto. Da quelli in cartone animato a immagini reali dei nostri giorni dove si vedevano le difficoltà incontrate quotidianamente da persone in carrozzina che devono prendere l’autobus, salire un marciapiede pieno di intralci; la presenza di barriere architettoniche come scalinate o scalinate prive di scivoli ai lati che non permettevano il passaggio; la difficoltà di raggiungere un bancomat o l’accesso ad una farmacia; in particolare, l’impossibilità per un disabile di parcheggiare l’auto in un posto riservato, dotato di apposita segnaletica, perché occupato abusivamente, più tante altre difficoltà che s’incontrano nelle nostre città ma cui non facciamo caso perché a noi, persone “sane”, esse non danno fastidio. I ragazzi hanno potuto pertanto calarsi nei panni di persone diversamente abili e comprendere il valore di una realtà molto lontana dalla propria! Importante è stata anche la video-testimonianza di Nick Vujicic in una scuola americana dove parlava tranquillamente del suo handicap e della sua vita. Il suo “Circo della farfalla”, (già segnalato al Lions), cortometraggio sull’handicap visto come mostruosità da baraccone, ha valso più di tante parole.