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UNA VISITA POCO GRADITA

 

Durante il mese di giugno dell’anno 2016 la nostra scuola ha subito un furto da parte di alcune persone, a nostro parere, poco raccomandabili. Hanno preso 15 computer dall’aula di informatica al piano terra. Questa domenica sono tornati a completare il loro lavoro, rubandoci 14 pc. Uno solo si è “salvato” grazie alla sua insolita posizione in auditorium che ha fatto in modo di preservarlo dalla rapina.

Gli scippatori hanno dovuto ricorrere ad un seghetto per tagliare e piegare le grate poste alle finestre dell’aula.

Questo ha provocato un grande disagio all’intero istituto, in particolare a noi della redazione che abbiamo dovuto arrangiarci con dispositivi portati da casa e Tablet non destinati a questo tipo di impiego.

Ma ciò che è grave è che hanno tolto così a noi e ai nostri compagni la possibilità di svolgere progetti scolastici pertinenti al programma in modo alternativo e stimolante. I progetti che dovevamo realizzare prevedevano un lavoro di equipe che ci avrebbe permesso di creare un legame più profondo e sincero con gli altri membri della nostra classe oltre a capire come sia importante imparare a relazionarsi con le persone con cui si condivide un comune obiettivo. Lavorare, poi con i dispositivi informatici è per noi importante perché sono gli strumenti con cui sempre noi avremo a che fare

Senza poter utilizzare i computer della scuola alcuni professori si sono sentiti costretti a cambiare genere di attività per i propri alunni siccome quella prevista richiedeva l’uso di internet e di applicazioni digitali come Word, PowerPoint o Photoshop, tutte utili per un nostro futuro impiego.

Ma questa spiacevole visita non fermerà ne professori, ne studenti, ne noi giornalisti che faremo in modo di svolgere comunque tutte le attività che ci appassionano.

Dalla Guarda Matilde Isotta, 13 anni

Maggiore Marianna, 13 anni

La nostra fantastica Week

 

 

 

Ogni anno nella nostra scuola abbiamo la possibilità di vivere un’esperienza fantastica: la WEEK4US.

Si tratta di vivere una settimana in cui non portiamo cartella o cartelline ma soltanto tanta tanta buona volontà perché eseguire laboratori creati dai professori ci vuole impegno. Dal nostro punto di vista questa settimana è stata istruttiva, anche se a volte impegnativa, infatti ci è stato chiesto di affrontate situazioni nuove e molto diverse: ad esempio costruire plastici, cerare maschere della commedia, conoscere Dante, animare la carta, produrre video stop-motion. Ci siamo divertiti molto anche se all’inizio eravamo tutti un po’ preoccupati perché entravamo a fare parte di un gruppo di compagni di altre classi. In realtà già dal primo giorno abbiamo socializzato con tutti.

Alla fine della settimana eravamo tutti contenti, felici e pieni di soddisfazione.

PIETRO 11 ANNI

GABRIELE 11ANNI

“NON HO PAURA DELLA PAROLA DEI VIOLENTI, MA DEL SILENZIO DEGLI ONESTI”. I silenzi di oggi siamo destinati a pagarli duramente domani, con una mafia sempre più forte, con cittadini sempre meno liberi.

Una domanda che ci facciamo sempre è questa: come facciamo a sciogliere questo nodo che ostacola da anni la vita di tutti noi? Ebbene, oggi siamo qui per cercare di scoprire come, secondo noi, si può sconfiggere la mafia.

Per partire vorremmo ricordarvi due grandissimi uomini che lottarono contro la Mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sono stati davvero degli eroi che hanno dimostrato, dopo tanti anni in cui la gente sottostava agli ordini dei mafiosi, di non aver alcun timore nei loro confronti; loro ci hanno portati verso quello che, ci auguriamo, sarà il distacco del rapporto fra cittadini e mafiosi e verso la speranza che un giorno, magari lontano, questi ultimi si pentano per tutti quei morti, non aventi nessuna colpa, che non potranno più aprire occhio. Noi sappiamo che ci guardano dall’ alto e sperano che il sacrificio da loro compiuto rimanga sempre in ogni cuore.

Speriamo che la presentazione di questo articolo possa coinvolgervi, facendovi rimuginare sugli errori compiuti in passato, trovando la soluzione (o quasi) a questo problema, che al giorno d’oggi sembra risolto, ma che in verità, come una piovra, prende sempre più potere passando inosservata agli occhi dei giornalisti, ma anche nostri.

Per i genitori: anche se è un argomento che ci demoralizza, i genitori hanno l’obbligo di parlarne ai figli, istruendoli a lottare per sciogliere questo nodo, facendo sì che i ragazzi possano vivere in un mondo migliore.

Per i ragazzi: non dobbiamo lasciarci attrarre da personaggi incivili, ma seguire le regole in qualunque posto siamo, apprendere gli insegnamenti che ci vengono dati a scuola e dai genitori, e disprezzare chi infrange le regole e mette in pericolo la vita di tutte le persone.

 

Diamo forza al nostro impegno: partecipazione attiva per lottare contro le mafie.

 

Per non morire di mafia:-Io parlo.

Queste parole, pronunciate da Pietro Grasso, ex procuratore nazionale antimafia, ora Presidente del Senato della Repubblica Italiana, sono ricche di significato e sanno trasmettere un messaggio limpido e chiaro, quello della comunicazione e della legalità.

Oggi parliamo di “mafia” e il pensiero è certamente rivolto a degli “angeli” che ci hanno donato la loro vita per una nazione più libera e più legale. Riporto il pensiero della professoressa Maria Pia Ciani, la quale durante l’apertura di un incontro con dei giovani studenti ha così affermato: “Educare alla legalità è educare alla bellezza.”

Vogliamo mettere in pratica l’insegnamento di un altro grande magistrato, Paolo Borsellino:- La vera lotta per la libertà è un movimento culturale e morale”.Continuando, poi, così si è espressa: “Possono uccidere gli uomini, ma non le loro idee e vedere tanti ragazzi, oggi, lo dimostra. Stiamo andando nelle scuole per parlare di legalità con quella che Papa Francesco chiama la “primavera della società”.

 

Correva il mese di maggio del 1992, quando Giovanni Falcone fu nominato Direttore della Procura nazionale antimafia. Borsellino, che era rimasto in Sicilia, esultava, come pure Grasso. La loro comune azione poteva riprendere con rinnovato vigore. Qualche tempo prima, nel corso di un’intervista, Falcone aveva dichiarato: «Si muore generalmente

 

perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere».

Il 23 maggio 1992, all’aeroporto di Palermo, Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo scendono dall’aereo proveniente da Roma; li aspettano le tre auto di scorta. La Croma marrone apre il corteo: a bordo tre agenti di polizia, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro; al centro la Croma bianca, Falcone dice all’autista di passare nel sedile dietro, e si mette alla guida a fianco della moglie; chiude il corteo una Croma azzurra con altri tre agenti della scorta.

Dopo pochi chilometri d’autostrada, nei pressi di Capaci, un uomo che poi si scoprirà essere Giovanni Brusca, detto “scannacristiani” per le oltre 150 persone da lui uccise, azionò il timer collegato a 500 chili di tritolo posizionati sotto un canalone. Un boato spaventoso aprì una voragine sulla strada: morirono i tre agenti sulla prima auto, il giudice e la moglie.

Sono passati 57 giorni dalla morte di Falcone. Il 19 luglio 1992 Paolo Borsellino, dopo aver trascorso una giornata al mare, rientra a Palermo per andare a trovare l’anziana madre in via d’Amelio. Con lui gli agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina.

Il giudice scende per citofonare alla madre, cinque agenti si posizionano intorno a fargli da scudo, un sesto agente (Antonio Vullo) si allontana in retromarcia per parcheggiare una delle due auto. Dall’alto del Monte Pellegrino, che sovrasta la città, parte il comando a distanza che fa esplodere una Fiat 126 imbottita di tritolo: una fiammata, un cratere. Muoiono tutti, eccetto Vullo. I due “eroi” hanno pagato con la vita il loro impegno contro la mafia. Hanno istituto il maxi processo sapendo che i mafiosi prima o poi si sarebbero vendicati.

 

 

Pietro Grasso, in un incontro con delle scolaresche vicentine, ricordò con affetto i due amici magistrati, esternando alla platea che entrambi sapevano di morire, ma lo hanno fatto con dignità per donare a tutti noi un’Italia migliore. In quell’occasione, egli era il Direttore della Procura nazionale antimafia, così affermava: “Dobbiamo fare in modo che i vostri cervelli rimangano nella nostra terra: non nella terra dei fuochi, ma nella terra delle gioie“.

Il racconto e l’invito a tutti noi giovani è stato importante; infatti, egli ha raccontato dal vivo come operavano assieme per le indagini. Toccante è stato quando ha parlato e mostrato un effetto personale di Falcone, l’accendino regalatogli prima della partenza per Roma. Vedere l’oggetto nelle mani e sapere dalla viva voce del magistrato che Falcone era conscio del pericolo che correva, ha trasmesso a noi giovani la forza e la voglia di parlare e di non essere succubi della organizzazione mafiosa.

Sono passati quasi 4 anni da quell’incontro, però il ricordo è ancora vivo nella persona che ho conosciuto e che mi ha raccontato l’energia trasmessa dal magistrato. Sono persone come noi, che vestono divise diverse, che sono in prima linea per debellare la mafia a tutti i livelli, ma tutti hanno una cosa in comune: la legalità attiva e pura per garantire un futuro migliore alle generazioni.

Gli uomini della scorta sono gli angeli custodi dei magistrati in pericolo, anch’essi sanno quanto è importante proteggere il loro “uomo”. Sanno che la loro vita è legata alla persona “protetta”, sanno che in qualsiasi momento potrebbe succedere l’imprevisto, eppure sono sempre al suo fianco ed orgogliosi di essere loro a protezione della persona.

Questo pensiero è sicuramente importante per noi giovani; dobbiamo riuscire a sconfiggere le tendenze mafiose che si radicano anche nei

nostri territori e con l’arma della legalità e soprattutto della partecipazione attiva possiamo dare alla nostra nazione un futuro migliore, di gioia e sicurezza globale.

I magistrati ricercano nella fitta rete dell’omertà gli indizi altrui al fine di costruire un giusto processo per un’equa pena.

Lottare per vivere non vuol dire sottostare alla mafia; denunciare una minaccia è un primo passo verso un miglioramento. Rispondere ad una minaccia obbedendo serve solo a convincere i mafiosi che il loro intento è stato raggiunto e che il loro potere coercitivo si è concretizzato. Essi governano tutti coloro succubi dei loro ordini e che ossequiano ogni loro imposizione.

Mi ritengo fortunata per aver conosciuto persone, queste persone che mi hanno trasmesso le loro esperienze di vita e di sacrificio.

Essi spiegano a tutti noi che la mafia esiste e per debellarla bisogna parlarne, discutere, reagire. Il silenzio è l’ossigeno grazie al quale i sistemi criminali si riorganizzano e la pericolosissima simbiosi di mafia, economia e potere si rafforza.

I silenzi di oggi siamo destinati a pagarli duramente domani, con una mafia sempre più forte, con cittadini sempre meno liberi.

 

Grazie per aver letto questo articolo, speriamo abbia lasciato un segno indelebile e che cercherete anche voi, come noi ragazzi, la strada per distruggere questa cellula negativa che, se vivrà ancora a lungo, potrebbe causare danni ancora più grandi di quelli che ha causato in questi anni. Assicuratevi inoltre che in ogni scuola ci sia una istruzione contro la mafia, altrimenti anche le generazioni successive verranno attaccate da questo virus, in altri complotti contro l’umanità.

Simonato Martina e Zocca Arianna

Pensate che sia la torre Eiffel ?

Pensate che sia la torre Eiffel ?

No, è la torre della collaborazione!foto con emoji

Questa torre Eiffel è stata costruita dagli alunni delle classi prime, durante la Week4us, attraverso il laboratorio di abilità manuale diretto dal prof. Stefani.

Gli alunni hanno lavorato intensamente collaborando assieme in piccoli gruppi per ottenere questo risultato sorprendente.

I ragazzi si sono divisi in piccoli gruppi dove ognuno aveva un compito specifico.

Questa torre Eiffel è un perfetto esempio di collaborazione tra alunni di classi differenti .

           W LA TORRE DELLA COLLABORAZIONE!

Fatto da : SERENA, GAIA, SOFIA, GINEVRA

Chi c’è sotto il casco? Un marziano è atterrato alla Fusinato

Week4us: un marziano è atterrato alla Fusinato

Il 3 febbraio 2016 sono venuti a farci visita cinque vigili del fuoco.

È stato un incontro interessante anche perché abbiamo conosciuto questi fantastici personaggi che un po’, ognuno di noi sogna di diventare da grande.

Con molta pazienza ci hanno spiegato il loro compito, ma, soprattutto, spiegato quali comportamenti tenere per la nostra salute e sicurezza.

In caso di bisogno chiamate il numero 115. In Italia  ci sono 110 comandi,tra cui 8 in Veneto. Sono dislocati sul territorio in condizioni favorevoli in modo da arrivare entro 20 minuti dappertutto, sono sempre presenti.

Ci sono anche vigili del fuoco volontari che prestano servizio di notte o nei fine settimana. Dopo la loro presentazione hanno risposto alle nostre domande che sono state tante.

Ora rispondiamo alla domanda che tutti si saranno posti guardando la foto: chi si nasconde sotto il casco dell’immagini?foto 1

Qui sotto si nasconde  un ’alunno della classe 1 D. Durante la spiegazione dei pompieri Federico ha indossato la tuta.

INTERRELIGIOSITÀ

Ad ottobre siamo andati in gita a Roma e il giorno 28 abbiamo assistito al discorso papale sull’interreligiosità.

Il suo discorso ci ha subito colpiti e, tornati a scuola abbiamo riletto ed analizzato il suo discorso da cui siamo riusciti ad elaborare un pensiero personale.

Basandomi sulle nostre idee emerse durante la nostra discussione in classe, mi è nata l’idea di dare vita agli importanti principi che il Papa Francesco vuole trasmettere, e ho ideato un fumetto che mi è sembrato il modo più diretto e comunicativo per trasmettere un messaggio molto importante: “con la cultura si può sovrastare qualsiasi differenza religiosa e capire che le diversità non sono ostacoli ma opportunità di arricchimento personale”.

A confermare l‘importanza del messaggio dell’interreligiosità ha contribuito l’incontro a scuola con Farhad, un rifugiato politico, scappato dall’Afghanistan.

Farhad ha scelto la libertà al posto della ricchezza esagerata di cui godeva quando viveva nel suo Paese e ha ora nella sua vita ha una missione: diffondere l’idea che la sua religione non è così diversa dalla nostra, anzi.

Questi due incontri sono stati molto importanti: mi hanno fatto ragionare molto sulle “differenze” che mi distinguono dagli altri e ho capito che non sono affatto un problema bensì un bene.

Penso che che alla fine, le religioni siano solo diversi “stili” perchè se ci pensate, alla fine, sono uguali: tutti pregano, tutti vanno in Chiesa o in Moschea e tutti credono a Dio, ad un unico Dio.

Dopo aver ragionato su questo, vorrei poter condividere il mio pensiero con voi, ecco perchè ho creato questo fumetto.

Buona lettura!

PS: Clicca sul link qua sotto per leggere il mio fumetto!

 

PROGETTO INTERRELIGIOSITÀ

FARHAD BITANI: IL CORAGGIO E LA FORZA DI CAMBIARE

E’ strano poter ascoltare dal vivo una storia cosi inimmaginabile, ma allo stesso tempo attuale e “vicina”.

Sabato 6 Febbraio, abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare la testimonianza dello scrittore afgano Farhad Bitani, autore del libro  “L’ultimo lenzuolo bianco”.

Siamo stati testimoni della sua scelta di essere un uomo libero, a costo di rinunciare alla bella vita di figlio di un ricco generale afgano. Ha scelto una vita umile, costantemente in pericolo, per condurre la sua missione di pace contro la violenza e a favore dell’interreligiosità.

Questa esperienza ci ha aperto una porta su un mondo che non conoscevamo del tutto. Ci ha parlato dell’Afganistan, del sistema di vita determinato dalla attuale situazione geopolitica, di come non esiste la libertà, neppure la libretà di pensare perché la popolazine è tenuta imn una condizione di ignoranza per cui non sa neppure che esiste un modo di vita alternativo al loro.  Ogni giorno sentiamo fatti simili al telegiornale, sentendoci distaccati da quella realtà che non ci riguarda. Ma sentirla raccontata dal vivo, sottoforma di storia personale, è una cosa diversa: ci ha detto le cose come stanno, senza giri di parole, senza segreti politici, trasmettendoci sensazioni vere che dalla voce piatta di un giornalista non si potrebbero mai percepire. Con le sue parole, Farhad, ci ha fatto capire che alla fine noi siamo più fortunati di quanto pensiamo perché, anche se non abbiamo potere e denaro, prima di tutto siamo liberi.3

                                                                                                       Redazione classi terze

IL CIOCCOLATINO DELL’ AMICIZIA

Può bastare un cioccolatino per far rinascere un’amicizia perduta.5

Durante l’incontro in auditorium di mercoledì 3 febbraio, abbiamo assistito ad  una scena  molto commovente e che ci ha fatto riflettere su cosa significhi realmente l’amicizia. Un sentimento di affetto reciproco tra due o più persone, nemici che in un battito di ciglia diventano amici.

Emanuele, ragazzo di 15 anni che frequenta la 3F, ha compiuto un gesto molto particolare. Durante l’attività ci è stata consegnata una scatola di cartone con dentro dei sacchetti chiusi. Non sapevamo cosa ci fosse all’interno! Ognuno, non sapendo che la scatola dovesse arrivare in fondo all’auditorium, si è preso un pacchettino e quindi finirono prima che ogni ragazzo ne avesse uno. Dopo ciò, al termine dell’ncontro ci è stato concesso di aprirlo. Dentro, ognuno ha trovato un cioccolatino al lattee ci è stato chieso di donarlo a chi, non ne aveva ricevuto.

Tra i tanti, Emanuele ha consegnato il suo cioccolatino a Francesco: ragazzo con cui non andava d’accordo e con cui, probabilmente c’erano stati dei contrasti profondi e dopo averlo fatto è tornato al posto piangendo commosso, felice e fiero del suo gesto !!!

Questo semplice avvenimento, che potrebbe sembrare banale, ci ha colpito molto e ha fatto riflettere su come un piccolo gesto di distensione può far rinascere un’amicizia. O forse come qualche volta, semplicemente non riusciamo a trovare il modo per dimostrare i nostri sentimenti.

 

                                                                                                       Redazione classi terze

La storia del Rock – 2

I Flexus all'interno dell'auditorium, durante la lezione-concerto
I Flexus all’interno dell’auditorium, durante la lezione-concerto

Anche quest’anno gli studenti della Fusinato hanno potuto confrontarsi con il mondo dell’arte e dello spettacolo: oltre agli incontri di teatro e alle proiezioni di film (cineforum), molto sentiti ed apprezzati, hanno accolto con entusiasmo la partecipazione ad una lezione-concerto (in continuità con lo scorso anno), che ha tratteggiato l’evoluzione di un genere (il rock) dalle radici jazz e soprattutto blues fino ai giorni nostri.

Interpreti di questo istruttivo spettacolo i tre musicisti dei Flexus: destinatari, le classi seconde e terze dell’istituto, all’interno dello storico auditorium. Già l’anno scorso il trio aveva stupito appassionati e non di questo genere musicale, sia per aver ricostruito con precisione lo stile e gli strumenti degli esordi del rock (anche precedenti alla “svolta elettrica”), sia per aver spiegato con estrema chiarezza i momenti cruciali dell’evoluzione del genere.

Nell’edizione di quest’anno, hanno ripetuto il successo precedente: dopo aver ripreso, in sintesi, i punti salienti della passata edizione (dalle origini ai primi anni ’70), il chitarrista-cantante Gianluca Magnani, il bassista Daniele Brignone e il batterista Enrico Sartori hanno profuso ogni energia nell’illustrare – con canzoni, aneddoti, cimeli d’annata – l’evoluzione della musica rock nel suo ventennio più importante e creativo. Si veda, ad esempio, il video inserito di seguito, sull’utilizzo di distorsioni anche negli organi elettrici.

Ma ciò che ha più conquistato il pubblico, come sempre, è stata la carica, l’energia elettrizzante che il rock e i suoi interpreti sanno trasmettere alla platea: la scelta dei brani in scaletta, la precisione nell’esecuzione (anche nonostante imprevisti come la rottura di una corda della chitarra!) e la simpatia dei tre musicisti hanno inoltre definito lo sfondo di uno spettacolo davvero riuscito!

Intervista a Massimo Luccarda

L’intervista avviene in aula 39 all’insegnante di Religione di tutti i corsi: Massimo Luccarda.

Alla domanda: -“Che cosa pensa di questa settimana alternativa”- il professore risponde che è stata una bella novità… che ha portato molto lavoro sia per i docenti, che per gli stessi ragazzi di tutti e tre gli ordini di classi.
Siamo al quarto giorno di attività, ha detto, e  tutto e positivo e procede bene…

Gli incontri tenuti e le tematiche trattate sono tutti di alto livello, di grande attualità, interessantissimi e molto apprezzati dai ragazzi. Impegno e interesse molto buoni anche per quanto riguarda il laboratorio “Stop motion”.

Il professore poi è stato molto sorpreso nel vedere la capacità di stupirsi di alcuni alunni davanti a cose semplici ma per loro nuove… ed è rimasto piacevolmente colpito nel vederli usare in modo “diverso” la tecnologia…

Da parte dei ragazzi c’è tanta voglia di fare, di capire cose nuove…

Secondo il professore l’obbiettivo della scuola e stato centrato, perché, oltre a proporre nuovi temi affrontati con strumenti diversi dai soliti, è stato sviluppato il dialogo ed il lavoro di gruppo.

Sicuramente da rifare e riproporre anche per il prossimo anno. Magari con qualche altra novità: organizzare due incontri serali per i genitori, ad esempio.

Dall’entusiasmo dimostrato dal prof. Luccarda possiamo concludere che è stata una settimana  OK!!!!

Paola Tecla Marastoni
Anela Islamoska
Ermon Serifoski